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I PUNTI DI PRESSIONE: generalità applicative.

I punti di pressione sono sempre stati accompagnati da un alone di mistero, frammisto a misticismo ed esoterismo, rispetto ai loro veri o presunti effetti sul corpo umano e sulle sue funzioni in generale. Certamente il linguaggio metaforico ed evocativo che accompagna la denominazione di ogni punto non ha aiutato a fare chiarezza; i vari maestri, i quali avrebbero dovuto rappresentare l'iconografia dell'onestà intellettuale e professionale, spesso hanno esaltato gli esiti dei punti di pressione al limite del paradossale a causa della loro incapacità ad interpretare la definizione cinese dei punti e della limitata conoscenza delle strutture anatomiche che concretizzano e sono la causa dell'efficacia della pressione di un punto.
I punti di pressione che vengono usati nelle arti marziali sono, ovviamente, gli stessi utilizzati dalla Medicina Tradizionale Cinese all'interno delle metodiche dell'Agopuntura, Moxibustione e Tui Na.

Per cui, un primo elemento da considerare nella pratica di quest'arte, è l'intensità della pressione del punto: risulta abbastanza intuitivo che maggiore sarà la forza applicata sul punto, maggiore sarà l'effetto prodotto in termini di dolore, shock muscolare, reazioni vegetative e neurologiche etc. Questo indipendentemente dal fatto che le strutture anatomiche, che costruiscono il punto e che sono la causa dell'effetto della pressione, possano avere una posizione più superficiale o più profonda. Perché, nel primo caso, il "danno" alla struttura colpita e direttamente proporzionale all'intensità dell'insulto meccanico, nel secondo caso, più sarà profonda la struttura anatomica maggiore sarà la necessità di imprimere forza per "farsi strada" tra i vari tessuti che la ricoprono. Un secondo importante elemento è la direzione: la posizione spaziale di una struttura anatomica e la disposizione dei tessuti circostanti, influiscono prepotentemente sulla modalità di pressione del punto. Non tutti i punti devono essere premuti e basta: in alcuni si deve inserire un trazione, in altri una torsione, in altri l'angolo di pressione può variare dai 45° ai 90° rispetto ai piani o strutture anatomiche di riferimento etc. Sulla base di queste considerazioni sarà evidente che uno stesso punto colpito con una direzione errata potrebbe non produrre alcun effetto.
Il terzo elemento è la superficie d'impatto: sappiamo dalla fisica che, superficie e pressione sono inversamente proporzionali per cui, minore sarà la superficie di impatto con il punto, maggiore sarà la penetrazione all'interno del tessuto. Considerando che nelle arti marziali la pressione di questi punti viene generalmente eseguita con le armi naturali del corpo umano (articolazioni metatarso-falangee, interfalangee, punta delle dita, gomiti, ginocchia etc.), è fondamentale tenere presente che, il concetto sopra esposto vale per le regioni del corpo in cui sono presenti i tessuti molli (come muscoli, tendini, visceri, articolazioni condrocostali e spazi intercostali…), mentre per i punti situati sulle costole, sulla volta cranica o la regione occipitale (che sono strutture ossee "esposte") potrebbe essere utile adottare la strategia della mano aperta o della regione ulnare del pugno chiuso o della mano aperta, in maniera tale da ridurre il rischio di fratture.
Il quarto elemento è la precisione: in questo caso diventa fondamentale la coordinazione oculo-manuale e oculo-podalica (se così possiamo definirla, perché, in gergo tecnico, è una locuzione che non esiste), ma soprattutto il colpo d'occhio nell'individuare la posizione del punto in relazione alle caratteristiche antropometriche del soggetto che ci si trova di fronte. Questa capacità di processare le informazioni spaziali di una struttura in movimento è un'abilità che è possibile allenare.
Gli ultimi elementi da considerare sono la sorpresa ed il tempismo: molti punti di pressione non hanno alcun effetto su di una struttura "preparata", i punti a livello del torace dovrebbero essere colpiti preferibilmente in fase espiratoria poiché si riduce il gradiente pressorio all'interno della cavità; alcuni punti ossei delle braccia e delle gambe dovrebbero essere colpiti in fase di decontrazione muscolare perché il muscolo contratto coprirebbe la struttura pur non esponendo la sua parte debole (in linea generale la parte debole del muscolo contratto è il centro del corpo muscolare dove si trovano, generalmente, gran parte delle giunzioni neuromuscolari – che, in poche parole, sono le regioni in cui il nervo incontra il muscolo). Al contrario, i punti a livello delle vertebre dorsali dovrebbero essere colpiti in fase inspiratoria, per il fatto che durante questa fase la colonna dorsale va in estensione, riducendo così la sua resistenza.
Altri fattori possono influire sull'efficacia della pressione di un punto: il sesso (in generale le donne sono più sensibili), la stagione (argomento banale ma, in inverno il maggiore spessore degli indumenti diventa decisamente protettivo), l'ora (essendo il corpo sottoposto a ritmi circadiani che modificano la funzione e la risposta delle strutture agli stimoli ambientali, alcuni punti potrebbero essere più sensibili di altri), la temperatura (il freddo aumenta la sensibilità, il caldo la riduce) ed infine, la personale predisposizione alla sopportazione del dolore.

Da un punto di vista marziale e della posizione delle strutture sensibili, possiamo dividerli in:
1. Punti fatali/pericolosi: sono situati principalmente sulla linea mediana del corpo e sui meridiani chiamati Du Mai e Ren Mai. Il violento impatto delle strutture situate principalmente a livello cranico, tracheale, sternale ed epigastrico posso provocare gravi lesioni e risultare fatali;
2. Punti pericolosi: sono situati a lato della linea mediana e sono relativi a differenti meridiani. L'impatto violento delle strutture lontane dalla linea mediana possono provocare gravi danni ma, non essendoci strutture vitali, non la morte;
3. Punti dolorosi: situati principalmente sugli arti superiori, inferiori e regione laterale del collo; anche questi afferiscono a differenti meridiani e vengono usati principalmente per distrazione e chiusura leve o liberazione da leve.
Diventa opportuno fare una doverosa precisazione: definire un punto "fatale" non vuol dire che, se colpito, porti il soggetto istantaneamente (o nel breve periodo) alla cessazione delle funzioni necessarie per la vita. Anche se alcuni punti possono potenzialmente avere quest'effetto, la maggior parte sono quelli che portano al classico KO che, in un contesto sportivo, porta a fermare l'incontro e, l'atleta che l'ha subito, riceve immediatamente le prime cure e nella maggior parte dei casi finisce in un nulla di fatto. Ma, se si considerano i motivi ed il contesto storico in cui sono stati pensati e sviluppati questi punti, si capisce che, un "KO" in battaglia, era come decretare la morte di chi l'aveva subito.

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