Personalmente, la conoscenza di questi aspetti, ha fatto crollare drammaticamente la radicata illusione della certezza e del controllo, a volte tipiche di chi svolge la professione dell'operatore sanitario. È un'evoluzione professionale necessaria che fa spostare il classico "ago della bilancia" dal nostro ego professionale, che ci rende fautori e responsabili del processo di guarigione del paziente, al sistema biologico che stiamo affrontando, mettendo in luce quelle che sono le sue caratteristiche intrinseche di risposta e adattamento alle perturbazioni ambientali (noi facciamo parte dell'ambiente e in quanto tali costituiamo delle perturbazioni) e, inoltre, rende sorprendentemente illuminante l'affermazione che "ogni esperienza di certezza è un fenomeno individuale" (Maturana e Varela, 1987). E allora, il passo successivo è stato quello di riconoscere che la "terapia" non cura e non guarisce, ma stimola processi adattivi da parte del sistema. La nostra bravura sarà quindi, la capacità di "avviare" e "guidare" tali processi adattativi verso una risposta il più vicino possibile a quella che ci attendiamo. Ciò vuol dire che ogni nostro atto non potrà mai portare con sé la certezza del risultato, ma solo una tendenza ad essere, che nasconde una funzione di probabilità. Adottare una funzione di probabilità significa dare un'affermazione sul nostro grado di conoscenza della situazione effettiva, introducendo così il concetto di "conoscenza incompleta". Per tale ragione il risultato dell'osservazione non può essere preveduto con certezza (Heisenberg, 1958).
Inoltre, l'organizzazione autopoietica dell'essere vivente ("poiesis" significa creazione, produzione), che si sviluppa all'interno di una rete continua di interazioni che correla dinamicamente tutte le sue componenti e autodetermina la propria struttura e le proprie leggi, non consente di interagire con esso per il tramite di approcci terapeutici che vìolino queste sue leggi interne, perché verranno rigettati. Il quando ed il come, costituiscono ulteriori elementi di incertezza perché, una minima variazione dei dati in entrata, ha grande impatto nel risultato finale e, pur in condizioni iniziali simili, due sistemi possono reagire in modi molto diversi (Edward Norton Lorenz, 1972).
Questo è il motivo per cui in questo articolo non ho mai menzionato le parole "informazione ambientale" ma ho volutamente utilizzato "perturbazione": l'informazione è sempre istruttiva perché conduce a una determinata trasformazione del sistema in relazione alle specifiche che si porta dietro. Per cui tale trasformazione è sempre prevedibile ma non applicabile al'essere vivente (vedi sopra), una perturbazione ambientale non contiene in sé la specificazione dei suoi effetti sull'essere vivente, ma è questo che con la propria struttura determina il suo cambiamento in rapporto alla perturbazione. Tale interazione non è istruttiva perché non determina quali saranno i suoi effetti.
In conclusione, per raggiungere l'obiettivo di poter evocare una risposta da parte del sistema il più vicino possibile a quella che ci attendiamo e, per avere la garanzia di un cambiamento stabile e duraturo, l'approccio terapeutico deve prevedere metodi di "comunicazione" con il sistema che permettano di influire sulle modalità di interazione tra i differenti recettori posturali (occhio, mandibola, piede, lingua, fasce, capsule articolari e legamenti), che consentano il cambiamento dei programmi centrali che, seppur più lenti, saranno i più duraturi.